L’isola elettrica sociale
Il sistema elettrico “intelligente” è quello a km zero con l’isola elettrica sociale
- Dal dossier “Energia e territorio (2013) aggiornato (2016)
Dal 1997, l’anno del protocollo di Kyoto, ci sono state ben 21 conferenze dei governi del mondo sulle misure per contrastare i cambiamenti climatici dovuti alle attività umane, principalmente per l’uso dei combustibili fossili che, dal momento dell’estrazione e per tutta la loro filiera fino alla combustione, producono ingenti danni ai territori e all’ambiente, soffocano le città a causa dell’inquinamento da particolato, rappresentano la maggiore causa di conflitti nel mondo e di disastri accidentali o procurati. Infine i costi delle mastodontiche infrastrutture per produrre e distribuire con essi energia elettrica incidono in maniera determinante sull’economia dei paesi industrializzati.
Come comunità ci siamo resi conto che se aspettiamo soluzioni dai governi è molto probabile che anche questa generazione assisterà non solo al collasso dell’ecosistema, ma anche a quello economico, in quanto i due fenomeni sono strettamente connessi, e già da tempo procedono parallelamente. Si sono allora mossi i comuni del mondo con un loro Piano d’Azione per le Energie Sostenibili (PAES), ma questi piani in un sistema elettrico generale anacronistico e vessatorio, non possono che limitarsi ad un modesto contributo alla sostenibilità generale attraverso il risparmio energetico e ad un uso discutibile delle fonti rinnovabili.
Nel nostro Paese abbiamo fonti rinnovabili di vari tipi e dimensioni, vere e finte, in prevalenza idroelettriche al Nord e solari al Sud, ed un notevole potenziale energetico da fonte geotermica. Ad esempio il vulcano Marsili nel mar Tirreno fra Sicilia e Campania da solo potrebbe diventare per l’Italia una fonte inesauribile di energia pulita, con cui sostituire centrali elettriche a combustibili fossili o da coltivazione dedicata, queste ultime insostenibili e non meno dannose per l’ambiente, da noi esistenti solo grazie ad incentivi e nei paesi sottosviluppati grazie allo sfruttamento della manodopera locale.
Tuttavia le fonti energetiche determinanti per la sostenibilità sono il sole ed il vento perché presenti ovunque, che però vengono sfruttate in modo poco efficiente, specie attraverso i cosiddetti campi, cioè vaste distese di pannelli solari o pale eoliche soprattutto con occupazione di terreni agricoli, forte impatto paesaggistico, dispersione di energia dovuta ai trasporti. Mentre l’inadeguatezza della rete elettrica nazionale al loro accoglimento, comporta costi aggiuntivi per miliardi di euro per nuovi impianti e per creare una “rete intelligente”, ovvero informatizzata. Ma anche quando queste fonti rinnovabili sono poste sui nostri tetti (con il cosiddetto contratto di “scambio sul posto”), come le non rinnovabili sono soggette agli interessi privati e delle multinazionali, al mercato dell’energia, a perdite di linea, al pagamento sempre più gravoso dei servizi di rete e varie tassazioni, ed infine frenate nel loro sviluppo dal governo e dalle lobby dell’energia.
Tutte queste inefficienze hanno una sola soluzione: “Energia a Km Zero”. Perché il sole splende ovunque ed il vento soffia dove e quando vuole, queste fonti energetiche stanno sulle nostre teste e sono gratuite, quindi non sono soggette al mercato dell’energia, né al petrolio degli sceicchi, né alle manipolazioni tecnocratiche e speculative, né alle grandi reti nazionali, ma soltanto alle comunità locali attraverso l’indipendenza energetica. Si tratta allora di individuarne i criteri di sfruttamento e di ge-stione in modo autonomo, ma soprattutto trovare la volontà di farlo socialmente, che è il modo più economico consentito dalle attuali tecnologie, per un nuovo concetto di “rete intelligente”.
Le fonti rinnovabili che fanno la differenza sono quelle sfruttabili attraverso gli impianti distribuiti sul territorio già cementificato e anche quelle che potenzialmente possono fornire la massima produttività energetica al solo costo della manutenzione degli impianti e a impatto ambientale quasi nullo. Non c’è tetto o superficie cementificata che in qualche modo non possa accogliere un impianto fotovoltaico, solare termico o eolico. Queste fonti si possono inoltre integrare (prevalenza di sole nel periodo estivo e di vento in quello invernale o di notte) al fine di realizzare una certa continuità produttiva allo scopo di minimizzarne un costo importante dell’impianto: l’accumulo dell’energia.
Infatti possedere un impianto autonomo individuale staccato dalla rete è il desiderio di molti; tecnicamente è realizzabile, ma per prolungati giorni di assenza di sole e/o di vento il sistema di accumulo chimico attuale può risultare insufficiente, a meno di dotarsi di un gruppo elettrogeno di emergenza, oggi per lo più in uso per i grossi impianti. Infatti l’obiettivo tecnologico per il futuro è l’accumulo stagionale, per esempio ad idrogeno più cella a combustibile. Inoltre ad accumulatori carichi l’energia autoprodotta verrebbe dispersa, il che sarebbe contrario al corretto sfruttamento dell’impianto e della sostenibilità generale, invece perseguibile grazie all’Isola Elettrica Sociale.
L’isola elettrica sociale – E’ un sistema elettrico autonomo, solidale e sostenibile, in cui una comunità da passiva fruitrice di costosi servizi energetici, quali quelli della rete nazionale, diventa produttrice, consumatrice e conservatrice di energia elettrica.
L’Autonomia è realizzabile grazie alle nuove tecnologie SEU (Sistemi Elettrici di Utenza) dove l’energia si produce, si conserva e si utilizza presso l’utente e quella eccedente, che altrimenti andrebbe perduta, si immette in una rete dedicata cedendola anche a chi non ha un impianto proprio di generazione elettrica. Sicché mentre cresce l’Isola Sociale, va gradualmente diminuendo l’uso di energia proveniente dalla rete nazionale. Attualmente tale sistema è basato sugli accumulatori chimici, in prospettiva sulle celle a combustibile per un accumulo stagionale.
Lo scambio avviene anche con il Comune di appartenenza, che gestisce la rete con propri impianti di compensazione, nel caso integrando le fonti solari ed eoliche con il biogas (come accumulatore di energia) prodotto con i rifiuti organici vegetali e domestici, con un accordo di reciproca convenienza con i cittadini, come oggi si fa o si spera di fare con la raccolta differenziata porta a porta.
Si concretizza cosi un esempio di comunità resiliente, quella cioè che riesce a creare sviluppo economico dal basso valorizzando tutte le risorse del territorio, in particolare quelle energetiche nell’economia globalizzata in mano alle lobby e agli speculatori. L’Isola Sociale è un sistema nel tempo cresce e si evolve grazie all’uso di nuove tecnologie, ma bisogna cominciare a fare qualcosa di concreto subito anche a livello sperimentale, coinvolgendo il CNR locale, le imprese e i soggetti sociali.
Tempistica e coinvolgimento. Un’amministrazione che guarda alla città sostenibile del futuro è tutt’altro che quella che fornisce qualche scuola di impianto FV o qualche strada illuminata a led. La città ecosostenibile si progetta oggi non solo attraverso i piani regolatori, ma anche quelli di zoniz-zazione relativamente all’ubicazione delle nuove fonti di energia rinnovabile e apposite politiche energetiche con l’effettivo (non solo proclamato) coinvolgimento della società civile. Il PAES utile è infatti quello che comincia con il censire il potenziale energetico solare ed eolico che gli edifici della città possono supportare, quello che si può recuperare sui molteplici luoghi già cementificati (pensiline, strade, palificazioni, etc.) e quello da biogas da rifiuti organici.
L’Economia. Produzione di Energia a Km Zero, quale risorsa del proprio territorio anche sotto l’aspetto occupazionale. Peraltro l’economia solare è favorita dalla nostra posizione geografica. Che senso ha importare energia rinnovabile (e non solo) persino dall’estero?
La Mobilità e l’Aria pulita. La trazione elettrica diventerà parte integrante dell’Isola Sociale in quanto potrà scambiare con essa energia, liberando la città dall’inquinamento da gas di scarico. In Italia una macchina su mille è a trazione elettrica, in Norvegia circa 250 macchine su mille.
L’Efficienza. Quanto più le isole autogestite, realizzabili anche in retrofit, risultano autonome grazie a capacità di accumulo e diversificazione delle fonti di energia, tanto più i flussi di energia si concentrano in una rete sociale di scambi circoscritta, riducendo o annullando il carico sulla grande rete unidirezionale a lunga percorrenza, che procederebbe verso una riduzione per dimensioni, per impianti, servizi, perdite di energia e impatto ambientale. La rete nazionale, una volta dismesse le centrali termoelettriche, trasporterebbe ove servono solo i flussi di quelle idroelettriche e geotermiche.
La Cogenerazione. Nell’isola sociale anche la cogenerazione può assumere un ruolo importante, in quanto sia il generatore fotovoltaico ibrido che quello per esempio a biogas, possono restituire anche quel 70-80% di energia termica che attualmente viene dispersa, senza incidere sulla produzione elettrica, quindi a costo zero, aprendo anche una prospettiva di accumulo termico stagionale. Con oltre centomila impianti ibridi di questo genere tale tecnologia è stata già avviata in Germania dalla Wolkswagen con il “TOTEM” (Total Energy Modul), un sistema brevettato negli anni ’70 dalla Fiat.
L’integrazione Fotovoltaico-Eolico. Anche se situati in posti diversi, nell’Isola Sociale consentirebbe di ridurre drasticamente la quantità di accumulatori (comunque distribuiti). Infatti nel periodo estivo e di giorno è attivo prevalentemente il solare, in quello invernale e di notte l’eolico.
La tanto auspicata rivoluzione energetica difficilmente arriverà in tempo utile dai governi succubi delle lobby, c’è anche un rischio concreto del crollo dell’attuale sistema elettrico schiacciato dalla sua complessità. Perciò la Comunità è invitata ad attivarsi come le tante altre nel Pianeta, acquisendo conoscenza del problema, collaborando con osservazioni, competenze e proposte che perseguano l’obiettivo di un cambiamento in campo energetico, non solo nel senso della salvaguardia dell’ecosistema attraverso l’autonomia, ma anche per non ritrovarsi indietro in campi vitali nella corsa per lo sviluppo di un’Economia Verde e libera dall’accentramento nelle mani di sempre più ristretti potentati economici, cui si deve anche l’accrescimento della precarietà globale sotto i suoi innumerevoli noti aspetti.